Fattoria di Lamole
storia di un pioniere che riporta il Sangioveto in patria
di Fiorella Chimenti
Il cambiamento, nell’accezione positiva, trova nella forza delle idee la sua realizzazione, pagine di storia insegnano che pochi illuminati operano metamorfosi radicali anteponendo al bene personale quello comune.
È quanto di più vero si può narrare dell’antico Borgo di Lamole, fiero del restauro che si rispecchia tra i filari. Una storia rinnovata e ritrovata dai suoi cittadini più illustri, legati a questa terra da vincoli inscindibili, il racconto di Paolo Socci è accorato, proprietario della Fattoria di Lamole, insieme a pochi altri ha creduto e lavorato per lunghi anni a un progetto arduo, definito con ragione “Archeologia rurale e paesaggistica”. Sì, perché Lamole è una perla nel territorio del Chianti Classico sin dai tempi dei Romani, è una frazione di Greve in Chianti alle pendici del Monte San Michele, nel punto più alto al centro dell’intero comprensorio chiantigiano sul confine tra le province di Siena e Firenze, incastonata su colline che arrivano a 900 metri a formare un anfiteatro naturale protetto a nord dal monte e baciato a nord ovest dal vento di Maestrale. Il suolo è puro macigno del Chianti, arenaria che poi diventa sabbia con percentuali di alberese e galestro, ricco di manganese e ferro, un terroir di eccezionale valore dove le terrazze vitate, gli ulivi, i boschi e gli splendidi iris, il pallido di Firenze simbolo di Lamole, compongono un mosaico poliedrico di colori e di essenze. E i vigneti, in un luogo così alto e sperduto, danno “il buon vino di Lamole cotanto lodato” come recita lo storico e geografo Emanuele Repetti nel 1833.
Ma l’incanto si spezzò subito dopo gli anni ’50, l’esodo in massa verso il fondovalle svuotò le campagne, parte delle vigne terrazzate furono abbandonate, altre spianate dai caterpillar per far posto a insediamenti a rittochino, un sistema di coltivazione della vite che meglio rispondeva alla carenza di mano d’opera e utilizzo delle macchine. Il metabolismo delle piante cambiò radicalmente, la disposizione dei filari da est a ovest non permetteva una buona e sufficiente esposizione alla luce tale da garantire la maturazione delle uve e l’erosione del terreno era inarrestabile. Il vino prodotto era solo in apparenza un lontano ricordo del passato.
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Paolo Socci
Foto manifestazione i Profumi di Lamole
Paolo, allora giovane adolescente, si era avvicinato alla viticoltura avendo ereditato la passione dal bisnonno Giovanni e poi dal nonno Carlo, di antica discendenza lamolese e viticoltori da sempre che, dalla professione di Notai, avevano tratto le risorse per creare la prima grande azienda mezzadrile dal 1870.Forte dell’aiuto di Livio, fattore di lunga esperienza, braccio destro prima del nonno e poi del babbo, intraprese un lavoro di dimensioni bibliche: la ricostruzione di quasi 7 km di terrazze sostenute da muri a secco di contenimento, la selezione clonale del sangiovese, tipico della zona, allevato ad alberello basso come era nella tradizione e infittimento degli impianti stessi. Perché tutto questo? Per ritrovare nel vino la qualità perduta e salvare un paesaggio rurale da sicuro degrado. I terrazzamenti, disposti da nord a sud che abbracciano le naturali curve delle colline, consentono di trattenere la terra, in gran parte sabbia, dove le radici delle piante “respirano” e vanno in profondità arricchendosi di nutrienti e minerali, i muri agiscono da termoregolatori restituendo di notte il calore accumulato durante il giorno, la direzione nord-sud dei filari permette una maggiore e migliore esposizione alla luce, fondamentale per una efficiente fotosintesi clorofilliana. Un microclima nel microclima, un terroir nel terroir: ecco il Sangioveto di Lamole dai profumi intriganti di iris, vino agile, fresco, longevo, elegantissimo così tanto amato da Lorenzo il Magnifico.
Non tardano i riconoscimenti da parte del Ministero dell’Agricoltura che iscrive il Borgo e i terrazzamenti di Lamole nel registro dei “Paesaggi storici rurali d’Italia”, e la medaglia di merito della Regione Toscana a Paolo Socci per aver recuperato con le antiche sistemazioni terrazzate, valori fondamentali legati all’identità culturale ed aver aperto nuovi percorsi di ricerca alle Istituzioni scientifiche nazionali e internazionali.

La coltivazione ad alberello basso della vite è l’antica tradizione di viticoltura a Lamole e Casole

Restauro dei terrazzamenti con costruzione dei muretti a secco
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Ma non sempre le belle storie hanno un lieto fine, le terrazze e le vigne così tanto amate e preservate, hanno suscitato gli interessi meno nobili dei poteri forti tanto da minare la solidità della Fattoria di Lamole costretta a privarsi di una parte importante delle vigne.
Esperienze così difficili annientano i sacrifici compiuti, ma Paolo ha l’anima in queste vigne e respirano con lui quella voglia di riscatto che nessuno potrà mai cancellare.
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CHIANTI CLASSICO DOCG G.S. 2012 LAMA DELLA VILLA ANTICO LAMOLE
Sangiovese, vino biologico
La trasparenza e la luminosità del rubino anticipano un bouquet che svela subito caratteri di grande pregio, una finezza che respira essenze floreali ed erbe aromatiche. Rosmarino e iris si elevano su strati di lamponi e marasche sciroppate lasciando alle spezie dolci solo ricordi intrecciati di effluvi minerali.
L’assaggio conferma l’eleganza del bouquet in un gusto pieno, fresco e ne esalta il corpo snello, una sapidità sospesa allieta sul lungo finale il tannino perfettamente armonico.

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IGT LE VITI DI LIVIO ANTICO LAMOLE 2012
Sangiovese, vino biologico
Le viti di Livio sono cloni si sangioveto piantati a piede franco negli anni 70-80 selezionate e salvate da Livio fra tutte quelle che erano rimaste dopo le devastazioni della fillossera.
Gli accenni di un colore vivo si vestono dei primi granati in una continuità d’estratto delicato. I profumi ammiccano l’eleganza dei ricordi floreali, tipici ed incisivi aggraziano un avvento di aromi evoluti appena accennati. Il fondo fruttato non è protagonista ma si fonde ai riverberi balsamici e terrosi.
La freschezza accoglie l’assaggio in vibrante ascesa, un ritmico rimando ad espansioni sapide che alleggeriscono un manto tannico ancora virile. Il corpo sottile trattiene il fiato su una persistenza di eccellente qualità.
